27.10.2024 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI

“Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna” queste parole, pronunciate al termine dell’omelia per l’inizio del pontificato da San Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1978, sono il commento più appropriato per questa trentesima domenica del tempo ordinario di ottobre, con cui ci avviciniamo al termine di questo anno liturgico.
C’è un desiderio profondo in ognuno di noi di ricevere la luce, quella sola che può guidare la nostra vita verso il bene nostro e di coloro che ci sono vicini: ma per poterla ricevere occorre riconoscere che senza Cristo siamo nelle tenebre e nella confusione, tutti simili a questo cieco di cui ci parla oggi il Vangelo di Marco.
Così, come Bartimeo, seduto e vestito da mendicante, chiede misericordia al “figlio di Davide”, anche per noi la conversione inizia con una preghiera, che talvolta è un grido al Signore. Anche a noi Cristo ci chiederà che cosa desideriamo, perché Lui vuole portarci a chiedere questa luce, non solo perdonare i nostri peccati, ma trasformare la nostra esistenza triste e senza senso. Cristo, come con il cieco figlio di Timeo, ci trasforma in figli di Dio, capaci come lui di seguire liberamente il Signore.
Siamo invitati ad imitare il cieco del Vangelo di questa domenica, a chiedere al Signore, con umiltà e fiducia, di poter aprire il nostro cuore e i nostri occhi ai Suoi disegni di Amore per la nostra vita: “E come potrebbe non essere desiderabile, dal momento che ha portato verso la luce la mente avvolta dalle tenebre e ha reso più luminosi e più acuti gli occhi dell’anima?” (Dal trattato «Esortazione ai pagani» di Clemente Alessandrino).

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