04.10.2024 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI

Gli scribi prendono a pretesto la legge di Mosè sul matrimonio per ingannare il Signore. Ma si sbagliano, perché Gesù non è venuto a portare una legge ancor più esigente dei Dieci comandamenti della legge antica. Il suo riferimento, perciò, non è la norma sul ripudio della moglie, che era stata concessa da Mosè. Il matrimonio, come tutte le vocazioni a cui il Signore ci chiama, ha senso alla luce di quello che ascoltiamo nella seconda lettura di questa domenica, la lettera agli Ebrei: il compimento di ogni chiamata a seguire Cristo si ha nel sacrificio della Croce, con cui Gesù ci ha mostrato l’unico modo per sconfiggere la nostra natura debole che, se non redenta, non potrà mai donarsi all’altro, non potrà mai amare davvero.
Per questo il matrimonio non si può comprendere come una legge, è qualcosa di molto più profondo: significa entrare nel progetto di Salvezza che Dio vuole per ciascuno di noi e che si realizza nell’amore reciproco degli sposi. Per questo, l’unica legge del matrimonio cristiano è il Discorso della Montagna di Gesù, viverlo cioè alla luce della Grazia e della gratuità: una mentalità che pensa che si possa interpretare il matrimonio in termini di legge, come qualcosa fondato soltanto sull’uomo, lo trasforma in qualcosa di incomprensibile, destinato purtroppo spesso al fallimento.
Se viviamo con la mentalità del mondo, siamo sempre alla ricerca di una legge, proprio come gli scribi del Vangelo di Marco: si vuole una norma da osservare che ci faccia sentire al sicuro, che ci possa giustificare. Chi ha incontrato Cristo ha invece scoperto che Lui ha ribaltato completamente la legge, anzi l’ha annullata del tutto, compiendola con l’Amore.

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