03.03.2024 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI
Oggi la liturgia ci presenta una parola del Vangelo che interroga ciascuno di noi.
Perché tutti corriamo il rischio di vivere senza andare nella profondità delle cose della vita: si rimane in superficie, per paura o per comodità, cercando anche nella fede un posto tranquillo, dove trovare il modo per realizzarci, fino a rendere vano il disegno d’amore che Cristo ha verso ciascuno di noi.
Dio non ci ha creati perché passiamo i nostri anni sani e pasciuti, non ci chiama a seguirlo per realizzare i nostri piani, che sono destinati a scomparire con noi, ma perché la nostra vita sia fonte di pienezza, per noi e per gli altri. Ed ecco che, per aiutare a non ingannarsi, Cristo deve compiere un gesto forte nel Tempio.
Scrive Sant’Agostino che il tempio di Dio è il Corpo di Cristo, cioè la comunità di fedeli, che “ha una sola voce e canta nel salmo come un sol uomo…se vogliamo, questa è voce nostra; se vogliamo, con l’orecchio ascoltiamo chi canta e noi cantiamo col cuore. Se invece non vogliamo, saremo come i mercanti in quel tempio, cioè gente che cerca il proprio interesse: in questo modo entriamo, sì, nella Chiesa, ma non per fare ciò che è gradito a Dio”.
Anche oggi avremmo bisogno di qualcosa che ci svegli, ci faccia rendere conto su che “sentieri” stiamo conducendo il nostro cammino: perché nella vita concreta di qualcuno di noi forse non si è ancora realizzato ciò che significa davvero essere cristiano, malgrado tu sia forse anche un cosiddetto “bravo praticante”.
I frutti mostrano se abbiamo o no accolto Cristo: se in noi vive ancora l’uomo vecchio, sempre cercando noi stessi in tutto, mettendo il nostro “Io” al di sopra di tutto e di tutti, incapaci di donarci, di consegnarci, non volendo mai perdonare nessuno, in fondo facciamo un mercato della nostra fede, pretendendo ed esigendo, passando la vita colpevolizzando gli altri.
Sono i “segni” della Resurrezione, quei segni che i giudei chiedono a Gesù, che lui compie, ma che loro sono incapaci di comprendere; mentre molti altri “vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome”.
Chiediamo anche noi allora in ogni modo al Signore che ci doni la Grazia della conversione, sopra ogni altra cosa.
Mons. Antonio Interguglielmi