02.06.2024 – DON ANTONIO INTERGUGLIELMI
Se oggi chiediamo “che cos’è che fa soffrire l’uomo?” La risposta sarà: “Ciò che fa soffrire l’uomo è che non ha denaro sufficiente, che non lo pagano, che la moglie o il marito è in quel modo, che non ha un lavoro, che i figli non sono così bravi come vorrebbe, che è stanco e quindi avrebbe bisogno di un po’ di vacanze, che gli altri si sono approfittati di lui…
Tutte queste cose ci fanno soffrire, ma la nostra vera sofferenza sta ad un livello molto più profondo. C’è un vuoto che non si riempie con le nostre risorse…senza Dio. Il Signore conosce questo nostro vuoto, anzi lo ha provato Lui stesso nel Getsemani, ma non ha mai dubitato dell’Amore del Padre, sapeva che Dio non lo avrebbe deluso, non lo avrebbe abbandonato alla morte.
Per questo ci ha lasciato l’Eucarestia, così che possiamo trasformarci in tabernacoli, diventiamo tempio dello
Spirito Santo, riceviamo in noi la natura divina: “Anima di Cristo, santificami, Corpo di Cristo, salvami.” “Passione di Cristo, fortificami”, così che, quando siamo scoraggiati, delusi dagli altri, abbattuti, Lui ci consola, ci permette di rimanere soli con Lui. Sentirsi felici, anche se soli, ma nella comunione: “
Quando partecipiamo al sacramento del pane-Corpo di Cristo, diventiamo un solo pane e un solo calice, il Corpo e il Sangue di Cristo genera in noi una natura nuova, ci dona occhi per vedere l’Amore di Dio. La comunione della Chiesa è il frutto dell’Eucaristia, che realizza la vocazione di ogni uomo;
L’Eucarestia è il segno più grande dell’Amore di Dio: è il dono con cui Dio mostra che vuole stare in noi, che ci ama e che sta desiderando di abitare in noi: “’Eucaristia non è opera dovuta alla virtù umana. Colui che in quella cena l’ha portata a compimento è Colui che ancor oggi la sostiene. Noi abbiamo la funzione di suoi ministri; ma Colui che santifica la offerta e la trasforma è Lui stesso” (San Giovanni Crisostomo, Omelie su Matteo, 82).