28.10.2023 – DON ANTONIO INTERGUGLLIELMI
Madre Teresa di Calcutta, la Santa dei poveri, diceva che “Non esiste povertà peggiore che non avere amore da dare. “
Ci rendiamo però conto che spesso, come i farisei, siamo invece alla ricerca di una legge, di qualcosa che possa giustificarci e in qualche modo avere una serie di regole per stabilire che quello che facciamo è giusto. Questo è l’uomo della carne, che non conosce che significa davvero amare. Per lui è incomprensibile quindi capire il messaggio e il dono che ci ha portato Gesù; così, come facciamo tante volte anche noi, è
costretto a cercare la felicità nella giustizia, nelle sue idee, ed è costretto a costruirsela da solo, lontano da Dio.
Cristo non è venuto a darci un’altra legge, un peso insopportabile: i due comandamenti con cui Gesù risponde alla domanda del dottore della legge ci mostrano che Lui ci ha indicato la strada per una vita felice: amare Dio e amare i fratelli. Compiere questo, lo Shemà, è però non solo difficile, spesso ci rendiamo conto che non ci riusciamo: proprio per questo Cristo è venuto, perché quello che non possiamo fare con le
nostre forze lo compia in noi Cristo. Come un dono.
Conoscere Dio e Suo figlio Gesù Cristo vuol dire incontrare la fonte dell’Amore, trovare il senso delle cose che facciamo e ricevere da Lui questa capacità di Amare gli altri; non volerli cambiare o strumentalizzarli per noi, in una caricatura dell’amore che in realtà è solo egoismo. Solo con Cristo diventiamo capaci di accettare gli altri così come sono, come fa il Signore con noi.
Incontrarci con questo amore cambia tutto: adesso puoi accettare tuo figlio così com’è, disposto a comprenderlo e ad aiutarlo, puoi riconciliarti con tuo marito o con tua moglie, anche se hai ragione, perché non sceglierai più la tua giustizia e le tue ragioni, ma l’amore, quello che si dona per l’altro. Con Cristo anche il lavoro si trasforma in un’occasione per amare: anche quello più noioso e faticoso diventa un modo per donarsi.