12.08.2018 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) –
Si dice che la “mormorazione” sia al giorno d’oggi lo sport preferito: ci lamentiamo del tempo, dei colleghi, della famiglia, dei pochi soldi oppure delle troppe preoccupazioni perché abbiamo tante case e soldi…nulla va come vorremmo.
E’ questo l’uomo che San Paolo chiama “della carne”: preoccupato solo che le cose vadano come lui vuole, che gli altri siano come lui dice, che…etc. Come ascoltiamo questa domenica nella seconda lettura, la lettera agli Efesini di San Paolo, questo nostro continuo lamentarsi “contrista lo Spirito Santo di Dio”, lo allontana. Così come spesso allontana gli altri da noi perché diventiamo insopportabili.
Ma il Signore ha pazienza. Come con Elia che non sopporta più che la storia vada contro la sua volontà e chiede a Dio di morire (prima lettura, dal libro dei Re). Il Signore non lo abbandona e manda un Angelo a sostenerlo, incoraggiarlo, perché possa arrivare al monte di Dio, l’Oreb. Così anche a noi, nelle nostre lamentele, manda “Angeli” a salvarci, ad annunciarci che Dio non si è stancato di noi ma vuole salvarci da questa vita lamentosa e triste.
La prima conquista di chi ha incontrato il Signore è l’accettazione della storia: ora ha occhi per riconoscere che Dio fa bene tutte le cose, anche quelle apparentemente più difficili da accettare e comprendere. Riconosce che Lui “è il Signore della storia”. Questo il segno che abbiamo accolto lo Spirito di Cristo e finalmente incominciamo a vivere in Pace e con Sapienza.
Accogliere e credere in Cristo è appagare la nostra fame, quella profonda, del “pane di vita” di cui parla oggi Gesù nel Vangelo. Pane che possiamo e dobbiamo chiedere solo a Lui: “Gridare che si ha fame, e che si vuole del pane. Si griderà più o meno a lungo, ma alla fine si sarà nutriti, e allora non si griderà più, si saprà che esiste veramente del pane” (Simon Weil, Pensées sans ordre concernant l’amour de Dieu”).