22.10.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) –
Uno dei segni più chiari per vedere a che punto è la conversione di un uomo è il rapporto che ha con i soldi: per questa ragione i farisei, che non sono degli sprovveduti e, pensando male di Gesù vogliono tendergli un tranello, gli fanno una domanda sulle monete. I soldi, come gli affetti, sono gli aspetti più difficili da dominare. Ma l’uomo che ha incontrato Cristo ha imparato a saper liberarsi da questi legami, a valutarli con sapienza, a dominarli.
Perché il cristiano è un uomo che ha assaggiato la libertà, anche dai soldi: ha scoperto che la vita non gli viene dal possedere, né dall’essere ricercato e ammirato, perché tutto questo è molto temporaneo, passa presto e si rimane profondamente soli: e questo è il frutto di quando mettiamo al centro della nostra vita il denaro, il potere, il successo.
L’uomo solo è l’immagine della morte: così, puoi essere tanto potente, molto ricco, noto e ricercato, ma solo, terribilmente solo. E così l’avarizia, che è l’espressione più compiuta di questo uomo solo, un uomo attaccato ai suoi soldi, incapace anche di godersi la vita, incapace di amare gli altri, perché deve sempre difendere le “sue” ricchezze.
Che il Signore ci aiuti a non cadere in questo tranello, a non ridurre la nostra vita ad “una miseria”: ricchi sì, ma di solitudine.
Quando saremo nella difficoltà, nella prova, di fronte alle domande sul senso della nostra vita, a nulla ci serviranno tutte queste “ricchezze” che oggi difendiamo con tanta passione: le case, gli applausi, quelli che oggi si inchinano davanti a te, i tuoi soldi, saranno come immondizia.
E così, anche nel Giudizio, quando ci troveremo davanti a Cristo, ci difenderanno quel povero che tu oggi avresti potuto aiutare, quella famiglia che tu, nel segreto, stai sostenendo nel momento del bisogno: “Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma” (Luca 12).