29.05.2017 – di Andrea Cocco
Cala il sipario sulla seria 2016/17 e cala, per la Roma, quello più brutto, quello dell’addio del suo capitano al calcio giocato. Allo Stadio Olimpico di Roma, il 28 maggio si è registrato il record stagionale di incassi e presenze, circa 69.000 spettatori che con i cuori infiammati sono accorsi per celebrare l’addio al calcio giocato del proprio capitano, tra maglie con il numero dieci, striscioni di ringraziamento, immagini e tanta commozione.
Un uomo, Francesco Totti, che è cresciuto nella Roma, la sua città e la sua squadra del cuore, unica maglia, unica scelta di fronte anche alle lusinghe di altre squadre di prestigio come il Real Madrid. Un capitano che ha scelto i sentimenti, la maglia, i suoi tifosi, la sua gente. Ha scelto di onorare per 25 anni la Roma, come giocatore, uomo, capitano e tifoso. Un esempio per il calcio sotto tutti i punti di vista, e per chi vuole imitarlo da oggi sa che deve, come lui ,“vincere” il trofeo più difficile, quello della lealtà, del rispetto, dell’attaccamento alla squadra, della coerenza. Non è un trofeo da alzare al cielo, anche se Totti ne ha alzati, ma un trofeo da scrivere sul cuore della gente, quel tipo di vittoria che resta nella memoria per secoli. Totti ormai è entrato di diritto
nella storia del calcio mondiale, non solo italiano, e se ne parlerà di lui con ammirazione, così come hanno dimostrato in questi giorni anche i tifosi di altre squadre rivali, con massima stima e rispetto.
Nessuno potrà mai scordare quel giro di campo fatto da Totti a fine partita, quel saluto ai suoi tifosi, quelle lacrime, la commozione di almeno un terzo dello stadio, le sue parole scritte su un foglio ma recitate col cuore, la sua sincerità d’animo. Immagini che saranno riprodotte per anni, che fanno parte ormai del libro di storia della Roma e ricordo di tutti coloro che hanno assistito, anche increduli, a quanto una sola persona può regalare agli altri, ad un popolo intero, quello romanista in questo caso.
Un esempio di persona che nel suo piccolo ha saputo testimoniare i suoi valori di vita, rispettando il suo lavoro al massimo, la sua serietà, il suo voler bene ai suoi tifosi, alla gente ed in molte occasioni anche facendo opere di carità ai bisognosi. Non stiamo parlando di un santo, non possiamo far passare Totti, un giocatore, come un modello di vita santa, ma come tutti i personaggi pubblici che in qualche modo ci emozionano, ci entusiasmano, e ci affascinano, bisognerebbe prendere spunto da ciò che ci ha colpito e ricordarsi che anche noi siamo chiamati a testimoniare con la nostra semplice vita, nel nostro piccolo, come ci ha insegnato Madre Teresa di Calcutta: “quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”.